Bari, la storia dell'Orchestra del Petruzzelli e di quell'Aida rappresentata "sotto le Piramidi"
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giovedì 22 giugno 2023
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di Gianluigi Columbo
Nata nel 1980 sotto la guida di Ferdinando Pinto, la filarmonica venne sciolta negli anni 90 dopo il rogo del teatro, per essere poi rifondata nel 2009, quando dopo anni di oblìo il prestigioso palcoscenico di corso Cavour riaprì al pubblico. Oggi è gestita dalla Fondazione lirico sinfonica del Petruzzelli.
Orchestra che, come il teatro, ha vissuto i suoi anni migliori negli anni 80, quando a Bari si esibirono star del calibro di Frank Sinatra, Liza Minnelli, Luciano Pavarotti, Ray Charles, Rudolf Nureyev e Carla Fracci. Ma non solo. A quei tempi l’orchestra fu spesso chiamata a suonare fuori città, persino all’estero. Ormai famosa, sì esibì infatti in Francia, Australia e Brasile. Oltre che in Egitto. Sì perché quell’irripetibile periodo viene ricordato soprattutto per una celebre rappresentazione: quella che portò nel 1987 il Petruzzelli a mettere in scena l’Aida di Verdi nella fiabesca cornice delle Piramidi di Giza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per ripercorrere quei momenti indimenticabili abbiamo incontrato il 58enne Rocco Caponio, che negli anni 80 suonò la tromba nella filarmonica. (Vedi foto galleria)
«Entrai nell’orchestra nel 1986 – esordisce Rocco – ed ebbi subito un battesimo di fuoco, visto che nello stesso anno rappresentammo “l’Ifigenia in Tauride” di Niccolò Piccinni sul prestigioso palco del Thèatre du Chatelet di Parigi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La scelta della città non fu casuale, perché il compositore barese aveva scritto l’opera in francese proprio nella Ville Lumière, luogo dove aveva vissuto per trent’anni fino alla morte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Fu un grande successo - continua Caponio –. Merito anche della regia di Luca Ronconi e dell’interpretazione della celebre Katia Ricciarelli, oltre che della scenografia imponente, dove lo sfondo rappresentava un paesaggio settecentesco su cui erano accennate delle onde marine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La “Rivista del cinematografo” definì lo scrosciante applauso proveniente dallo Chatelet come una sorta di riparazione a incomprensioni vecchie di due secoli tra Piccinni e il pubblico francese, che nel 700 non aveva apprezzato pienamente l’Ifigenia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Venne poi il “mitico” 1987, anno dell’evento più ambizioso mai realizzato dal Petruzzelli: “l’Aida sotto le piramidi”, diretta da Carlo Franci con protagonista il soprano bulgaro Ghena Dimitrova. L’orchestra giunse infatti dove nemmeno i teatri più importanti del mondo erano arrivati, rappresentando di Giuseppe Verdi proprio nel luogo dove fu pensata e scritta dal compositore di Busseto, che nel 1869 la mise in scena in Egitto per celebrare l’inaugurazione del canale di Suez.
La scenografia non tradì le attese: il palcoscenico era lungo 100 metri, ma l’impianto scenico complessivo misurava addirittura 2 chilometri, perché doveva contenere 1500 comparse e 150 cavalieri, con cammelli, cavalli e il vero esercito egiziano che marciava sulle dune. La cavalleria era schierata lungo il costone che partiva dalla piramide di Cheope, mentre le truppe erano incolonnate sotto quella di Chefren.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Fu l’esperienza più bella della mia carriera di orchestrale - racconta Rocco – . Certo, durante quei giorni provammo per ore e ore a 40 gradi di temperatura, ma l’entusiasmo di poter suonare davanti alle piramidi non ci fece mai pesare la fatica».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Poi per l’orchestra “globe trotter” fu la volta dell'Australia. Nell’agosto 1988 il complesso del Petruzzelli approdò infatti nel continente oceanico perché invitato a celebrare il bicentenario dell’insediamento europeo in Australia, evento al quale parteciparono numerose nazioni con una serie di manifestazioni artistiche e culturali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A Brisbane, prima tappa del tour, i musicisti riprodussero il “Barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini, scelta non casuale perché, essendo stato scritto nel 1792, era quasi contemporaneo alla scoperta del nuovissimo continente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Io non dovevo raggiungere l'Australia perché nei concerti erano previsti solo archi - sottolinea Caponio -. Ricordo però che un mio collega chiese al direttore di orchestra di aggiungere qualche nota in più all’opera in modo da consentire l’aggiunta dei fiati. Con questo stratagemma la nostra sezione riuscì così a partecipare a quel viaggio dall’altra parte del mondo. Ricordo anche un piccolo aneddoto: in Australia noi suonammo live, mentre l’Orchestra di Santa Cecilia della Rai, più conosciuta, si esibì in playback».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E nel maggio 1989 fu la volta del Brasile. «Dove purtroppo io non riuscii ad andare», ci dice ancora amareggiato il musicista. Aderendo al programma culturale “Italia Viva”, volto a diffondere la tradizione e la cultura italiana nel pianeta, il Petruzzelli sbarcò a San Paolo e a Rio di Janeiro, mettendo in scena il suo cavallo di battaglia: il “Barbiere di Siviglia”, con il grande Dario Fo a interpretare Figaro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Anche qui il teatro barese riscosse un incredibile successo, tanto da essere definito dal giornale O Globo come la “carta di prestigio di Bari”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’epopea si interruppe però il 27 ottobre del 1991, giorno del famigerato incendio del Petruzzelli. «A quel punto, senza una “casa”, trovammo ospitalità nel Teatro Piccinni – ricorda Rocco – e ci finanziammo girando un po’ per tutta l’Italia. Poi però arrivò la richiesta dei proprietari del Petruzzelli di non suonare più con il nome del teatro e così non ci rimase che scioglierci, dicendo addio per sempre a quell’irripetibile “età dell’oro”».
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